Fiamme di libertà
Pubblicamente, Genova 2001 viene raccontata come il giorno della morte di Carlo, il giorno della Diaz e di Bolzaneto, come l’inizio dell’applicazione sistematica del reato di devastazione e saccheggio per gli scontri di piazza.
È vero che è stato anche questo, ma vogliamo ricordare che quelli sono stati i giorni in cui tantissimi compagni e compagne hanno scelto di accendere fiamme di libertà. Senza scadere nella retorica di “un giorno che non tornerà più”, vorremmo parlare di Genova 2001 per quello che hanno fatto i compagni, per non parlare sempre e solo di repressione ma anche di attacco.
Giorni di attacco, di lotta, in cui incendiare bancomat, lottare contro i blindati della polizia nelle strade e dirigersi con le più bellicose intenzioni verso il carcere di Marassi ha dimostrato come fosse chiaro a tutti chi e dove sono i nemici che quotidianamente opprimono le nostre vite.
Quelle pratiche non sono nate a Genova e non si sono esaurite in quei vicoli, ma si sono riproposte in tanti altri momenti e luoghi, tra cui l’11 marzo 2006 a Milano, con dimensioni e conseguenze diverse. Un’opposizione senza mediazioni, di aperto conflitto, si è espressa contro le politiche e le istituzioni della democrazia e spesso ha dovuto affrontare la repressione poliziesca, la vendetta dei tribunali e la scandalizzata voce della sinistra. A questo negli anni si sono aggiunti al racconto i piagnistei dei “pompieri di movimento” sempre pronti a ricordare dell’”inaudita violenza” delle forze dell’ordine e a indicare come “provocatore” e “infiltrato” chi, sottraendosi al gioco complice delle manifestazioni pacifiche, dei carri con i palloncini e delle petizioni contro le leggi ingiuste, ha deciso di passare all’attacco.
I momenti di piazza, per loro natura, hanno certamente il limite di essere circoscritti nel tempo, ma è per noi fondamentale ribadirne l’importanza: ricordare solo la repressione che ne segue, senza avere chiaro da cosa e perché è scaturita, porta a pensare che possiamo solo perdere e che il ripetersi di giorni di lotta e di ribellione individuale non sia più possibile.
Vincenzo, condannato per aver partecipato ai fatti di Genova 2001 ed al corteo dell’11 marzo 2006, ha scelto di accendere un’altra fiamma, scegliendo otto anni fa di sottrarsi alla carcerazione e di non consegnarsi allo stato. In un periodo in cui lo stato cerca di convincerci che sia impossibile sfuggire al suo controllo, vogliamo ribadire il valore di una scelta – pesante e difficile – come quella della latitanza, una scelta condivisa da altri compagni e compagne negli anni. Una scelta importante, che rode allo stato perché insegna che non è onnipotente e la galera, a volte, non è una fine obbligatoria.
Solidarietà a Vincenzo e a tutti e tutte i compagni e le compagne che scelgono di attaccare questo mondo
Vorremmo parlare di tutte queste cose in una serata benefit per Vincenzo:
Venerdì 27 settembre dalle ore 19.00
chiacchierata e a seguire aperitivo e dj set